uno scultore veronese del sesto decennio del XIV secolo, Madonna con il bambino e donatori
a Fumane (Verona), località Casterna
Sfigurato dalle ridipinture e collocato in un’area periferica del territorio (la contrada di Casterna, piccola frazione del comune veronese di Fumane), versava in pessime condizioni il rilievo lapideo che vediamo sopra.
La storia critica di questa scultura è piuttosto recente, e singolarmente ha avuto l’abbrivio dallo studio del capitello nel quale era inserita. Nel 2011 infatti Bruno Chiappa, seguendo la traccia di un atto testamentario, è stato in grado di ricostruire storia e datazione dell’edicola che conteneva l’immagine sacra, fatta realizzare tra fine XV e inizi XVI secolo da Domenico fu Cristoforo de Cavalariis. Nell’atto testamentario di questi, redatto nel 1517, de Cavalariis dava delle disposizioni a proposito della cura del capitello, citando esplicitamente anche la scultura presente al suo interno.
L’immagine sacra della Vergine, secondo Chiappa, avrebbe potuto precedere cronologicamente l’edicola ed esservi stata inserita nel Cinquecento, oppure essere coeva a questa, pur presentando caratteri arcaicizzanti propri del ritardo culturale degli scultori provinciali; in questo secondo caso lo studioso proponeva di identificare i due offerenti come Domenico de Cavalariis e la moglie, Agnese del fu Giovanni Andrea da Sommacampagna.
Un sopralluogo in loco datò l’opera attorno alla metà del XIV secolo.
Il restauro di Elisabetta Fedeli con l’eliminazione degli strati superficiali di ridipintura diede da subito risultati eclatanti: al di sotto delle sovrammissioni, che avevano largamente falsato i valori formali, si poté recuperare una buona lettura dell’intaglio e una discreta percentuale della cromia originaria, rendendo così finalmente possibile esaminare la scultura con maggior precisione.
Il gruppo lapideo della Madonna con il bambino è inserito all’interno di un arco dal profilo fogliato, che doveva verosimilmente allargarsi, con un diverso andamento, sui due lati. Sul fondo del rilievo è infatti leggibile il bordo superiore di un velario, rilevato plasticamente e decorato da un motivo a girali violacei, ancora parzialmente visibile, che risulta interrotto bruscamente ai margini. Appena al di sotto di questo si apre il largo nimbo raggiato e puntinato della Vergine, che enfatizza il capo incoronato della figura, coperto da un velo dal quale escono prepotentemente due larghe ciocche di capelli.
Il volto di Maria si è miracolosamente conservato quasi intatto, e evidenzia una straordinaria resa espressiva negli zigomi rilevati, nel naso regolare e nella bocca piccola, ma soprattutto nelle arcate sopraccigliari disallineate, che restituiscono uno sguardo pensoso, carico di dolente intensità.
Anche la pellicola pittorica di questa parte del rilievo è ben conservata, con il segno delle sopracciglia che ne sottolinea l’andamento irregolare e un’epidermide resa delicatissima nei teneri trapassi chiaroscurali. La Vergine sorregge il proprio manto a trattenere il bambino,
ignudo, realizzato in maniera meno elaborata; è necessario tuttavia considerare che questa parte, più esposta, è stata maggiormente danneggiata dagli eventi atmosferici e antropici, che ne hanno scarnificato la superficie, privandola quasi completamente della pellicola pittorica che certamente contribuiva ad affinarne l’intaglio grossolano. La posa frontale del piccolo Gesù, e le braccia spalancate verso il basso a indicare in un solo gesto entrambi i committenti, contribuiscono inoltre a rinforzare l’impressione di rigidità dell’immagine.
L’ampia veste della Vergine, ornata di preziose passamanerie, lascia scoperto un corpetto con ricami d’oro sul pettorale e filiere di bottoni lungo le strette maniche, e scende abbondante fino ai piedi, in pieghe regolari, increspandosi tra le ginocchia in larghe falcate appiattite.
Ai lati del basamento sul quale poggia la Madonna stanno due offerenti, le braccia incrociate al petto, che le rendono omaggio. Il committente a destra è raffigurato come un giovane uomo che indossa una gonnella svasata che arriva fino ai piedi, fermata in vita da una cintura, con maniche lunghe e aderenti e colletto rialzato. Una sopravveste con spacchi laterali e un cappuccio a foggia con becchetto rimborsato completano il suo elegante abbigliamento. Il committente a sinistra è invece un uomo molto anziano, ritratto con impietosa verità. L’abito non è ben leggibile in tutte le sue componenti perché questa parte del rilievo è stata parzialmente rilavorata in un secondo momento, forse per adattare il gruppo a una differente collocazione; pare tuttavia potersi leggere una gonnella bianca coperta da una sopravveste dalle maniche larghe a corto becco e lunghe fino ai gomiti, e un copricapo rigido ornato da una fascia rimborsata, in modo da farne cadere un lembo sul lato sinistro del volto. Straordinaria è l’indagine espressiva di questa figura: gli occhi incavati nelle ampie orbite, gli zigomi pronunciati, il naso lungo e adunco, e poi le rughe di espressione sulla fronte e sopra il naso, tra le sopracciglia, assieme ai profondi solchi nasolabiali, restituiscono un’immagine di vivida realtà.
Da un punto di vista tipologico la scultura non presenta straordinarie originalità. Sono ben diffuse, anche in territorio veronese, le immagini di gruppi lapidei con la Madonna e il bambino su un fondo a finto velario, solitamente retto da figure angeliche; si trovano esempi simili nelle opere di Pulia, del Maestro di Santa Anastasia o di quello dell’arca di Mastino II, così come nelle sculture anonime di Coriano di Albaredo (Verona), di San Pietro in Monastero, o in quelle che impreziosiscono le arche beriche di Gangalando de’ Gangalandi
o di Ugolino da Sesso. Allo stesso modo non costituisce certo una rarità iconografica il bambino raffigurato nudo, coperto solamente dal manto della Vergine, che ad esempio si ritrova nella fronte del sarcofago di Guglielmo II Castelbarco (1357), oppure nel rilievo vicentino della tomba Conti o in quello, con la Madonna e i santi Giovanni battista e Giovanni evangelista, conservato nella chiesa veronese di Sant’Elena, che presenta più di un’analogia con l’opera in oggetto.
Più rara, o meglio unico caso a me noto in area veronese, è la posa del bambino, con entrambe le braccia tese verso il basso, a indicare i committenti; solitamente questo gesto è appannaggio della Vergine, che indirizza solamente una mano verso il donatore.
Per quanto riguarda la collocazione cronologica e stilistica, dobbiamo fare i conti con un panorama artistico, quello della scultura veronese del pieno Trecento, che ha ormai perso il confortante aspetto monolitico guadagnato nelle formulazioni teoriche dei decenni passati, che vedeva molte delle più importanti commissioni cittadine da metà secolo in avanti (per taluni addirittura l’esecuzione dell’arca di Mastino II), affidate alla mano del notaio scultore Giovanni di Rigino.
Nel nuovo contesto nel quale ci si muove, reso ora maggiormente sfaccettato, la scultura di Casterna si ritaglia un ruolo non secondario. Pare, come doveva essere d’altra parte imprescindibile, che questo autore abbia subito la fascinazione del cosiddetto Maestro dell’arca di Mastino II, evidente sia per la rinnovata indagine del reale, riflessa nell’accurata resa espressiva dei volti della Vergine e dei committenti, sia per il modo di trattare i panni, abbondanti e dalle pieghe larghe e laminari, che enfatizzano comunque le curve del corpo. Queste tangenze stilistiche sono meglio leggibili osservando il gruppo raffigurante l’Incoronazione della Vergine della chiesa di Terlano (Bolzano), attribuito, sepur non univocamente, al Maestro dell’arca di Mastino II,1 e in particolar modo il manto morbido che scivola con una piega falcata sulle gambe della Vergine, intercettando il ginocchio, oppure, nella figura di Dio padre, il ricadere della veste in falde pesanti che si piegano quasi ad angolo retto prima di toccare terra o che risalgono morbidamente verso il tronetto.
In qualche modo l’autore della scultura di Casterna si dovrebbe quindi schierare tra gli epigoni veronesi del Maestro dell’arca di Mastino II, tra cui si annovera certo Giovanni di Rigino, ma anche altri scultori come il Maestro del dossale di Santa Maria in Organo, oppure l’anonimo autore che realizza il rilievo con la Madonna con il bambino e i santi Giovanni battista e Giovanni evangelista della chiesa veronese di Sant’Elena.
(Fonte: Luca Fabbri - articolo sulla rivista Verona Illustrata)
Giovanni di Rigino, Madonna con il bambino. Verona, località Montorio, chiesa parrocchiale
Scultore veronese della seconda metà del XIV secolo, Madonna con il bambino.
Santorso (Vicenza), santuario di Sant’Orso
Gentile Claudia, questo lungo post è stato scritto copiando e incollando un articolo su rivista (il mio, su Verona illustrata). Non sarebbe corretto citare -almeno- il nome dell'autore e da dove si è copiato il testo?luca fabbri