GUIDO CAGNACCI (1601 S.Arcangelo di Romagna - 1663)
Le donne, dipinte più o meno ignude o discinte, sono state la fortuna del romagnolo Guido Cagnacci. E alle donne, alle "mezze figure" in cui seni, spalle, visi, il corpo concreto e le emozioni di morte e di esaltazione mistica, sono immersi in una luce perlacea, è affidata la sua fortuna nella storia del naturalismo europeo del Seicento.E una donna, troppo in alto per lui secondo la società del tempo, è stata all'origine dello stravolgimento della carriera di Guido. Delle disgrazie con i committenti. Della rinuncia a quella che sarebbe stata l'impresa più grande (l'affresco della volta della nuova cappella della Madonna del Fuoco nel duomo di Forlï)). Della fuga a Venezia nel 1649 dove Guido visse una decina d'anni sotto falso nome meno rozzo (Canlassi), senza commissioni pubbliche, dipingendo "quadri da stanza", le "mezze figure" di sensualità raffinata per committenti privati. Infine del trasferimento presso l'imperatore Leopoldo I a Vienna dove morì nel 1663 a sessantadue anni. Ma Cagnacci non è pittore di nudi in quanto tali. Usa quasi sempre donne terrene dalle forti sensazioni: Cleopatra che si fa mordere dall'aspide per sottrarsi al vincitore romano; Lucrezia che si pugnala per affermare la virtù romana; Maddalena che si macera nella penitenza. Con forti inclinazioni naturalistiche che "restano comunque al fondo della sua sensibilità, anche nei dipinti di altare fra cui sono grandi capolavori nonostante commissioni non particolarmente prestigiose e in ogni caso locali. Una produzione che si conclude nel 1644, senza riprese.
Glorificato dalle donne, rovinato da una donna. Eppure questa giovane vedova di Rimini al centro del destino di Guido, si era promessa con un contratto. Ma era una nobile e Guido mettendole gli occhi addosso "aveva offeso l'onore delle maggiori casate riminesi". La donna aveva anche una dote appetitosa e parenti per nulla disposti a vederla trasmigrare. Tutte premesse per far scoppiare un ginepraio di beghe legali trasformate in un processo quando Guido, temperamento irrequieto e litigioso di per sé, nel 1628 rapì la donna dal convento in cui era stata messa al riparo e tentò di sposarla. Peggiorò la situazione continuando a pretendere la dote nonostante la nobildonna si fosse risposata con un nipote. La vicenda fu ancora più amara per Guido se si pensa che a far ritrovare agli sbirri pontifici l'amata nascosta, fu il padre Matteo Cagnacci, probabilmente con lo scopo (ottenuto) di un provvedimento meno punitivo per il figlio, il bando dal territorio di Rimini.
Matteo Cagnacci, prospero conciapelli e "donzello" (messo) del Comune di Castel Durante, il paese natale, non fece opposizione quando l'unico figlio maschio decise di prendere una strada diversa dalla sua. E mandò Guido a formarsi a Bologna. Ad inizio 1617, a 16 anni compiuti, Guido si trasferì a Bologna per quattro anni. Dopo Bologna, alla quale era arrivato da Cento il Guercino ventottenne,
Non si hanno segni di passaggio in una bottega. A Bologna viene considerato l'ultimo allievo di Ludovico Carracci che "morì col pennello in mano" nel 1619. O di un protagonista di assoluta grandezza, il "divino Guido" (Reni) ormai giunto agli ultimi dipinti. Bisogna pensare non a un alunnato canonico, ma dall'esterno. Viene da pensare che Guido abbia fatto il pieno di ispirazioni, insegnamenti, esperienze "mantenendo sempre una sostanziale indipendenza mentale"
Più che sul caravaggismo "in chiaro" di Orazio Gentileschi, si deve guardare a Vouet cioè ad un "naturalismo caravaggesco in chiave di eleganza aulica e sensuale". Un dato costante per Guido la "ricercata ambiguità tra sacro e profano" di Vouet.
un esempio è "La tentazione di San Francesco" da San Lorenzo in Lucina, non si è mai visto in una chiesa un San Francesco così sensuale e una tentatrice seriamente tentatrice con camicia scivolata sul petto, gamba sempre più appariscente.
Nella giovanile pala (3,20 per 1,90), "La Madonna col Bambino adorata dai santi Sebastiano, Rocco e Giacinto" del piccolo oratorio di San Rocco a Montegridolfo (Forlï), il danzante Sebastiano che si agita incatenato a un colonnone, sembra una copia della posa, non dell'espressione, di un Sebastiano di Carracci . Rocco, dal volto e capigliatura "alla nazarena" da giovane Guercino, in compagnia di un cane dal pelo curatissimo che fa pensare all'abilità di Guido autore di "Nature morte". Solo Giacinto in colloquio con la Madonna che domina col Bambino da una nuvoletta e un lembo della tunica fissato in una straordinaria forza materica e tridimensionale.
La pala per i carmelitani di Rimini (nel 1628 Guido si rifugiò nella loro chiesa per "scampare alla giustizia"), ancora di dimensioni monumentali (3,35 per 2,10), viene considerata il punto piïù alto della maturità di Guido. Altro che sacra conversazione: sono tre estasi mistiche (Andrea Corsini, Teresa d'Avila, Maria Maddalena) con "tre diversi esempi di 'abbandono alla divinità, con "quell'estasi quasi tremenda della Santa Teresa svenuta" che mette in allarme i due angeli che la assistono. Per Francesco Arcangeli, al quale si deve gran parte dell'attenzione della critica a Cagnacci, l'estasi di Teresa "abbandonata al viola cianotico delle labbra schiuse, alle ombre che le feriscono gli occhi semispenti" "più spettacolare della morte della Vergine del Caravaggio".