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Simone Martini 1333

Annunciazione 

La tavola, firmata e datata, fu eseguita per l’altare di Sant’Ansano posto nel transetto del duomo di Siena, dedicato alla Vergine Assunta. L’arcangelo Gabriele appare alla Vergine preannunciando la nascita di Gesù e saluta Maria con parole che sono iscritte a rilievo nel fondo oro, “AVE GRATIA PLENA DOMINUS TECUM”. L’apparizione dell’angelo è improvvisa, come suggerisce lo svolazzare del mantello e le ali spiegate. La Vergine ne è turbata, si ritrae e si stringe nel mantello. L’ambiente in cui si svolge la scena non è definito, ma i pochi elementi raffigurati-il pavimento marmoreo, il seggiolone riccamente intagliato, le stoffe preziose, il libro che Maria stava leggendo prima dell’apparizione celeste - sono riconducibili allo stile di vita seguito nel Trecento dai ceti più agiati. In alto, al centro della scena, è raffigurato lo Spirito santo in forma di colomba circondata da angeli, allineato al vaso con i gigli, simbolo del figlio di Dio e della purezza di Maria. Ai misteri dell’Incarnazione alludono i cartigli sorretti dai profeti effigiati nei tondi della cornice, da sinistra Geremia, Ezechiele, Isaia e Daniele. Ai lati dell’Annunciazione sono raffigurati il martire Ansano, che reca il vessillo con i colori di Siena di cui era uno dei santi patroni, e una santa martire, forse Massima, madre di Ansano, o Margherita; l’iscrizione ai suoi piedi, che la identifica con Giuditta, è falsa.

E’ invece originale l’iscrizione che indica quali autori della pala d’altare i due pittori senesi Simone Martini e Lippo Memmi, sebbene la critica d’arte tenda ad attribuire a Simone gran parte dell’ideazione e dell’esecuzione di questo raffinatissimo dipinto, uno dei maggiori capolavori della pittura del Trecento in Europa. Amico del poeta Francesco Petrarca e attivo per committenti illustri come gli Angiò e la corte papale di Avignone, Simone condivise la bottega con Lippo Memmi, con il quale si era imparentato avendone sposato la sorella.

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Leonardo 1472

Annunciazione

Davanti ad un palazzo rinascimentale, in un rigoglioso giardino recintato che evoca l’hortus conclusus allusivo alla purezza di Maria, l’Arcangelo Gabriele si inginocchia davanti alla Vergine rivolgendole il saluto ed offrendole un giglio.

 

La Vergine risponde, seduta con grande dignità davanti a un leggio sul quale è poggiato un libro. Il tradizionale tema sacro è collocato da Leonardo in un’ambientazione naturalistica e terrena: l’angelo ha una corporeità concreta, suggerita dall’ombra proiettata sul prato e dalla resa dei panneggi che presuppongono studi dal vero.

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Anche le sue ali prendono ispirazione da quelle di qualche poderoso rapace. E’ straordinaria la resa della luce crepuscolare che plasma le forme, unifica la scena e fa risaltare le sagome scure degli alberi sul lontano paesaggio dello sfondo, dominato dai toni sfumati cari all’artista.

 

Gli elementi architettonici sono disegnati secondo le regole della prospettiva con punto di fuga centrale, ma alcune anomalie riscontrabili nella figura della Vergine, il cui braccio destro appare eccessivamente lungo, potrebbero rispecchiare precoci ricerche di ottica da parte di Leonardo, che avrebbe tenuto conto del punto di vista laterale (da destra) e ribassato determinato dalla collocazione originale della tavola dipinta, cioè sopra un altare laterale di una chiesa.

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Pervenuto agli Uffizi nel 1867 dalla sagrestia della chiesa di San Bartolomeo a Monteoliveto fuori porta San Frediano a Firenze, del dipinto non si conoscono né la collocazione originaria, né la committenza. L’Annunciazione è largamente ritenuta un’opera giovanile di Leonardo da Vinci, eseguita quando il maestro era ancora nella bottega di Andrea del Verrocchio. Imita un’invenzione del Verrocchio la foggia del leggio, ispirata al sarcofago di Piero il Gottoso nella chiesa di San Lorenzo a Firenze.

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Botticelli

Annunciazione

La tavola fu commissionata nel 1489 a Sandro Botticelli dal cambiavalute fiorentino Benedetto di ser Francesco Guardi per la cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria Maddalena in borgo Pinti a Firenze.

 

L’essenzialità dell’ambientazione, dove mancano quasi del tutto gli elementi di arredo, la sobrietà delle vesti dell’arcangelo Gabriele e della Vergine, caratterizzate da un ridotto uso di toni cromatici e di decorazioni, la gestualità accentuata e un po’ teatrale dei personaggi rispecchiano la ricerca di semplicità e il fervore religioso che si afferma negli anni della predicazione del frate domenicano Girolamo Savonarola.

 

Sono presenti elementi consueti della simbologia mariana, come l’apertura nella parete che allude a Maria come porta del cielo e il giardino recintato visibile sullo sfondo, emblema della verginità della Madonna.

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Il dipinto ha conservato la cornice originale, dipinta in basso con gli stemmi del committente e la figura di Cristo in pietà. Sono inoltre presenti due iscrizioni in latino, tratte dal Vangelo di Luca, che alludono all’incarnazione del figlio di Dio nel grembo di Maria.

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Botticelli 1481

Annunciazione

Il consueto tema dell’annuncio dell’arcangelo Gabriele alla Vergine è ambientato in un palazzo rinascimentale affacciato su un giardino, chiuso sul fondo dal muro di cinta merlato. Il portico, entro cui avviene l’apparizione dell’arcangelo Gabriele, introduce alla camera di Maria, alle cui spalle si erge l’alto letto ligneo circondato da cassepanche, protetto nell’intimità dal tendaggio ora scostato.

 

L’ambientazione offre dunque utili informazioni sull’arredo dei palazzi signorili in voga nel Rinascimento, del quale facevano parte anche preziosi tappeti come quello sul quale è inginocchiata la Vergine. La pittura è comunque ricca di riferimenti simbolici allusivi alla madre di Dio, seppure mascherati dietro l’aspetto di quotidianità.

 

Il giardino chiuso da mura simboleggia la purezza di Maria, mentre la tenda a padiglione suggerisce un parallelismo fra Maria, che porta in grembo Gesù, e la tenda che conteneva l’Arca dell’alleanza.

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Si tende a porre in relazione l’esecuzione dell’affresco con l’attestazione di un pagamento a Sandro Botticelli eseguito nel 1481, alla vigilia della partenza del pittore per Roma, dove lavorò alla decorazione della Cappella Sistina. La grande pittura murale si trovava in origine sotto una loggia antistante la chiesa di San Martino nell’ospedale di Santa Maria della Scala a Firenze, ma successivamente alcune modifiche architettoniche apportate all’edificio nascosero parzialmente l’affresco. Fu quindi staccato dalla sua sede nel 1920 e restaurato.

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